Raccontare Fabrizio De André attraverso una prospettiva originale, dichiaratamente fuori quadro rispetto alla più diffusa agiografia. È questa l’idea di partenza e l’esplicita ambizione di “Io, Fabrizio e il Ciocorì”, l’intreccio fra teatro di narrazione e canzone d’autore costruito sulla diretta testimonianza dell’autore, Flavio Brighenti, che sul palco condivide il racconto con la regista Carmen Giardina e un raffinato quartetto di musicisti: Raffaela Siniscalchi (voce), Stefano Saletti (chitarra, bouzouki, oud), Gabriele Coen (sax soprano, clarinetto) e Mario Rivera (basso acustico).

“Sono genovese come Fabrizio e il mio lavoro di giornalista mi ha spalancato la strada a numerosi incontri che avvenivano spesso in concomitanza con le sue uscite discografiche e lungo le tappe dei tour, ma poi anche al di là dei rispettivi impegni professionali, mano a mano che il nostro rapporto andava consolidandosi. Nei vent’anni della nostra frequentazione Fabrizio mi ha regalato storie, aneddoti e confidenze che costituiscono l’ossature dello spettacolo”, racconta l’autore, “e ciò che emerge è soprattutto la sua straordinaria umanità, l’etica imprescindibile. Ma pure l’ironia e la leggerezza con cui sapeva affrontare il peso delle responsabilità”.
“Io, Fabrizio e il Ciocorì” è una cavalcata che parte dal gennaio del 1979, dal primo incontro con Faber, all’epoca in tour con Premiata Forneria Marconi, e si conclude nel febbraio del 1998, con l’ultimo tour del maestro genovese, dopo l’uscita dell’album “Anime salve”.

Gli articoli da cui attinge, pubblicati in prevalenza dal quotidiano “Il Lavoro”, poi da “la Repubblica” e il settimanale “Musica!”, rappresentano il fulcro della narrazione. “Io, Fabrizio e il Ciocorì” privilegia comunque il versante conviviale del rapporto rivelando così un’epoca dove l’arte, non solo la musica e il giornalismo, privilegiavano l’esperienza diretta e individuale di un mondo ancora scevro dall’ebbrezza frastornante di internet e dei social.
Non si tratta di una celebrazione né tanto meno di una beatificazione di De André – che non ne ha bisogno e che certamente l’avrebbe aborrita – ma semplicemente di una chiave differente e affettuosa per osservarlo da vicino. Lungo il percorso del racconto sfilano Guy Debord, Papa Wojtyla, Arthur Rimbaud, Renato Curcio, Beppe Grillo, Mauro Pagani, Ray Charles, Ivano Fossati, fra gli altri, oltre ai volti familiari: Dori Ghezzi, i figli Cristiano e Luvi, il fratello Mauro.

Il filo della narrazione è affidato alla coppia formata da Brighenti e da Carmen Giardina (attrice, sceneggiatrice e regista di larga esperienza) che sul palco presta la voce a Faber: “De André era unico e inimitabile, al suo confronto chiunque si presterebbe a paragoni che vogliamo evitare, per questo ho voluto che a interpretarlo fosse una donna” spiega Brighenti, “anche e soprattutto per rendere omaggio all’universo femminile che lui ha cantato con inarrivabile sensibilità umana e poetica”.

Ad occuparsi delle musiche è il quartetto composto da Stefano Saletti, corde, Gabriele Coen, fiati, Mario Rivera, basso acustico (provenienti dalla Banda Ikona e protagonisti in proprio di molti altri progetti) e dalla cantante Raffaela Siniscalchi. Hanno pubblicato un album dove propongono le proprie personali rivisitazioni in chiave etno-jazz dei brani di Faber intitolato “Ho visto Nina volare” (CNI records).
“Io, Fabrizio e il Ciocorì”, che nella sua prima versione fu presentato all’Auditorium di Strada Nuova di Genova nell’ottobre 2017 – sul palco con Brighenti c’erano Laura Monferdini, Vittorio De Scalzi ed Edmondo Romano – ha debuttato con l’attuale organico allo Spazio Rossellini di Roma il 18 gennaio 2020. Va in scena con il patrocinio morale della Fondazione De André.